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Il Centro dedica la rubrica “Eccellenze d’Abruzzo” al Nobelperlapace

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Emozionante l’intervista di Jolanda Ferrara sulle pagine de Il Centro in edicola domenica 29 aprile. Nella rubrica “Eccellenze d’Abruzzo”, il maggiore quotidiano regionale dedica una pagina intera a Arti e Spettacolo e al Teatro Nobelperlapace di San Demetrio ne’ Vestini, con un’intervista al direttore artistico Giancarlo Gentilucci.

Riportiamo di seguito il testo dell’articolo… buona lettura!

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Gentilucci: «Pane, vino e fantasia nel nostro Teatro Nobelperlapace»

Un intellettuale lombardo, abruzzese di adozione, racconta la sua avventura culturale nel dopo sisma.
«Abbiamo dimostrato che in un piccolo centro come San Demetrio può nascere qualcosa di bello»

di Jolanda Ferrara – «Per far sì che la gente rimanga, dopo il teatro offriamo vino, pane e olio: qualcosa del territorio. Serve a non far allontanare le persone, fargli riscoprire la vocazione di questi luoghi. Lo facciamo con la grande presunzione di chi fa le cose necessarie. L’urgenza di fare le cose al meglio e non accontentarsi mai». Cuore e coraggio. A Giancarlo Gentilucci e al suo Teatro Noberlperlapace inaugurato il 9 luglio 2009 in concomitanza con il G8 a L’Aquila, alla presenza di George Clooney e del Premio Nobel Betty Williams, il terremoto del 6 aprile di nove anni fa ha dato un impulso vitale straordinario. E’ stato la molla per lanciarsi follemente nella ricostruzione delle comunità del posto devastate nell’anima. Poche migliaia di abitanti per quattordici comuni sparsi nella pittoresca vallata dell’Aterno, incantato lembo di territorio aquilano dove il Medio Evo ha lasciato tracce ancora intatte. Tutti i giorni ormai da dieci anni, il post terremoto, lo spazio caldo e accogliente del Nobelperlapace è teatro di relazioni umane, luogo di rifugio mentale e ritrovo pubblico, istituzionale. Un “luogo neutro” per la vita che continua. Un posto buono per tutti, vecchi e giovani. Scuola elementare, scuola di musica, all’occorrenza parrocchia dove dire la messa. Un «teatro che fa bene», una casa del popolo, dove a Natale si gioca a tombola con gli attori prima dello spettacolo. Cuore coraggio «e anche un sacco di risate, come al funerale di quel vecchio gerarca fascista, per il quale finimmo per utilizzare come altare una quinta teatrale con la falce e martello…».

Gentilucci, dal Festival Internazionale dei Teatri Universitari, alle coproduzioni con César Brie all’urgenza del post terremoto. Come concilia la militanza con la vocazione del polo culturale diffuso di Arti e Spettacolo? Rimboccandoci le maniche. Cercando di costruire qualcosa che abbia un’etica e non smettendo mai di crederci. Puntiamo sulla formazione dei giovani e su un’informazione diversa. Dobbiamo ritornare in città, la “New town” dell’Aquila, cerchiamo nuove risorse economiche e nuove modalità

In partenariato con Angelika Vision avete vinto per il secondo anno consecutivo il bando Siae “Sillumina- Copia privata per i giovani, per la cultura”, con il progetto “Action – Corsi di perfezionamento e specializzazione nelle arti e mestieri del cinema“. Di che cosa si tratta esattamente? Il progetto, da me diretto, verrà realizzato nel Teatro Nobelperlapace di San Demetrio ne’ Vestini e risponde al bisogno di formare figure specialistiche nei mestieri del cinema e del video. Ci saranno attività laboratoriali per avviare alla professione giovani abruzzesi che possano diventare punto di riferimento per le produzioni che scelgono l’Abruzzo come location dei loro film. I corsi, a titolo gratuito, si concluderanno con la realizzazione di un cortometraggio. Avremo diversi corsi teorico-pratici condotti da professionisti del cinema. Teatro, cinema, musica, danza, lettura ad alta voce e dizione, scrittura creativa con Baricco e Castellitto.

Al Nobelperlapace ce n’è un po’ per tutti: il teatro diventa altro dal fatto artistico? Le proviamo tutte, il teatro diventa un lavoro sporco, la cultura è qualcosa di complesso. Abbiamo creato anche una scuola didattica per i più piccoli, per tenerli occupati e non lasciarli inselvatichire. Insegniamo ai giovani a fare i giornalisti, raccontano le storie delle proprie famiglie. Dietro agli oggetti impolverati c’è una storia, una memoria che non deve andare perduta. La memoria è identità. Con i Cantieri dell’Immaginario abbiamo fatto molti spettacoli sul terremoto per non far allontanare le persone. Accade che raccontando quelle storie i giovani riscoprano le vocazioni di questi luoghi, il lavoro nei boschi, la semina della cicerchia, i vitigni di alta quota, spazi immensi per costruire economie artigianali e la bellezza unica della media Valle Subequana. Qui vicino abbiamo una famiglia di olandesi che, senza corrente elettrica, ha intrapreso la produzione di latticini creando una microeconomia. Poi invece tocca prendere i migranti per far coltivare i terreni abbandonati. Grazie a loro le scuole non chiuderanno perché loro i figli li sanno fare. Si tratta di mettere le persone in condizione di ricostruire la propria vita affezionandosi al posto. Perciò è necessario cambiare il punto di vista e rifiutare l’assistenzialismo.

Da poco avete concluso l’undicesima edizione di “Strade”, programmazione teatrale molto legata al territorio che dedica particolare attenzione allo spettatore. Come Strade Ragazzi, parallela rassegna per i bambini delle scuole primarie del Medio Aterno aquilano, teatro e cultura per i territori appenninici. Un teatro che fa bene al cuore, è così? La nostra attività non riguarda il pubblico come entità, ma è un lavoro sulla persona. Nei tanti anni di attività abbiamo scoperto persone che per tradizione, abitudini o disattenzione non si erano mai avvicinate alla cultura e al teatro, e che nel corso del tempo sono diventati prima appassionati e poi attori. Il teatro è oggi uno dei pochi luoghi rimasti dove le persone oltre ad incontrarsi riescono a riflettere, dove c’è un confronto dialettico. In territori periferici come il nostro la cultura, se reale e non improvvisata, può contribuire sostanzialmente ad alzare la qualità della vita delle persone.

Con chi condivide questa esperienza emozionante? Di base siamo in tre e facciamo per diciotto, io, Tiziana (Tiziana Irti, sua compagna di arte e di vita, ndr) e Daniela Vespa. Con noi Romina Masi, Paolo Porto e Mattia Fonzi. Noi non abbiamo sofferto il disagio del terremoto. Abbiamo capito cosa vuol dire “cultura” al di là dei grandi discorsi. Un lezione di vita. Il terremoto ha ingarbugliato tutto ma la nostra battaglia l’abbiamo vinta. Abbiamo dimostrato che in un piccolo paese periferico può nascere qualcosa di riconosciuto a livello nazionale. Che funziona tutti i giorni perché alla base ci sono relazioni umane che funzionano. Qui Internet non vale così tanto come la buona reputazione. Che ti costruisci attraverso il rapporto con gli altri.

Lei è nato in Lombardia a Busto Arsizio, quanto è legato all’Abruzzo? Mi sono formato in Abruzzo ai tempi d’oro del Teatro Stabile dell’Aquila, fine anni ’60. Sono orgoglioso di essere considerato abruzzese. Amo la natura forte, il carattere di questa regione e i suoi ampi spazi.