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La voce umana. Il filo del discorso

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locandina LA VOCE UMANA A3_2979Il giorno 15 gennaio il teatro Nobelperlapace ha inaugurato la decima edizione della rassegna “Strade”, con lo spettacolo La voce umana. La regia è di Giancarlo Gentilucci e le musiche, composte appositamente, di Doriana Legge.

Ideato dal poliedrico Jean Cocteau nel 1930, lo spettacolo è un monologo che vede sul palco la sola presenza dell’attrice Veronica Visentin e dello strumento, che è il fondamentale tramite della sua interazione con l’ex compagno: il telefono.

“Il verbo ‘amare’ è uno dei più difficili da coniugare: il suo passato non è semplice, il suo presente non è indicativo e il suo futuro non è che un condizionale”. (Jean Cocteau)

L’attrice interpreta il ruolo di una donna che vive la fine di una relazione d’amore e tenta disperatamente di aggrapparsi a quel che ne rimane. Lo spettacolo si articola in un dialogo simulato in cui lo spettatore ascolta, chiaramente, le sole parole dell’attrice ma può e deve immaginare, a tratti più agevolmente, a tratti meno, le risposte dell’uomo che nella finzione si trova dall’altro lato della cornetta. Le pause, i silenzi, le movenze, si collocano sapientemente; in tal modo acquisiscono un potere comunicativo pari, se non maggiore, rispetto a quello delle battute.

La voce umana è considerato uno dei capisaldi della recitazione femminile, nonostante la sua popolarità ha la capacità di non risultare mai banale, “già sentito”. La vicenda della donna che si strugge per amore parrebbe cosa trita ma, probabilmente, è proprio grazie al fatto che lo spettatore può riconoscervisi, che questa trama non annoia.

Anche la scenografia gioca il suo ruolo, con un’atmosfera ben studiata sin dall’apertura del sipario: una camera da letto, le luci soffuse, disordine, oggetti abbandonati al caos, riflettono la condizione interiore di confusione della donna, che vive il dramma di una solitudine che pare inevitabile ma nella quale tenta disperatamente di non sprofondare. Colpisce il drastico alterarsi del tono della voce, che oscilla freneticamente tra l’ansia nervosa e il tentativo di dolcezza. La donna, infatti, invoca ripetutamente l’amato con parole tenere, come se non riuscisse a rinunciare all’idea della stabilità del rapporto ormai perduto. L’immagine chiave ci sembra quella della donna stremata dall’attesa della telefonata. In quell’attesa feroce si respira l’odore di un’isterica frenesia: ogni attimo è tiranno del rapporto che si affievolisce e si va consumando inesorabilmente, a ogni respiro che si fa ansimante, magistralmente accarezzato da una musica che incornicia l’atmosfera.

Risulta inoltre emblematica l’oggettiva difficoltà della comunicazione che si manifesta fin dall’inizio della rappresentazione, con il segnale che subisce continue interruzioni e la donna attanagliata dall’impossibilità di sentire la voce dell’amato, che si agita in maniera crescente. Questa condizione, che rende l’uomo inarrivabile alla donna si traduce nella incapacità di comunicazione tra due persone ormai distanti.

Unica soluzione del dramma appare nitido e inevitabile, il suicidio. Così, la donna perseguitata dall’inappagabile desiderio di possesso, compie la sua fine riversa sul pavimento di quella stanza fredda, con le membra, deboli, cosparse da un mazzo di fiori secchi. Rose rosse, morte, come l’unico amore che avrebbe potuto tenerla in vita.

Silvia Cercarelli
(recensione, nell’ambito del laboratorio Strade Off, dello spettacolo di Strade 2017)

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La voce umana
di Jean Cocteau

con Veronica Visentin

Regia: Giancarlo Gentilucci
Musiche: Doriana Legge
Luci: Daniela Vespa
Foto di scena: Paolo Porto
Amministrazione: Tiziana Irti
Produzione: Arti e Spettacolo