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“La voce umana” di Jean Cocteau. La solitudine corre sul filo

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Sembra scritta oggi questa pièce sull’incomunicabilità che Giancarlo Gentilucci ha riportato sul palco in occasione dell’apertura della rassegna Strade 2017, e invece l’opera di Jean Cocteau La voce umana conta ormai 87 primavere.

La geniale intuizione dell’autore è però ancora attualissima nell’epoca dei social. Cocteau infatti intravide già agli albori dell’epoca delle comunicazioni le potenzialità narrative intrinseche nel mezzo telefonico, tra cui la dicotomia tra il poter comunicare virtualmente senza limiti e la constatazione che la distanza fisica ed emotiva viene amplificata dall’interposizione del mezzo tecnologico.

Il telefono diventa un’arma nelle mani della protagonista, l’attrice Veronica Visentin, che chiusa nella stanza da letto che fu del suo amore fa i conti con i cocci di una relazione finita. Un’arma che diventa di volta in volta scudo con cui difendersi, schermo dietro cui nascondersi, coltello con cui ferire. Solo la sua voce ci accompagna per un’ora nel buio di una scena attraversata da tagli di luce che contrappuntano, con variazioni minime, l’evoluzione della storia. Dall’iniziale maturo distacco, o meglio comprensione nei confronti del suo interlocutore senza volto, percorre tutti i gradini della fragilità umana: ruba l’ultimo ricordo di odore dal cuscino dell’amato, implora alla linea di non cadere, accenna quasi di sfuggita al tentato suicidio.

LA-VOCE-UMANA_Capezzali_2Lo spettatore deve immaginarsi una metà della storia, deve dare un volto e un cuore all’artefice di questo abbandono. Ed è la voce della protagonista che con cambi di tono e un repertorio di scarti umorali ci aiuta nella ricostruzione di questo convitato di pietra, il cui distacco emotivo dall’azione ben rappresenta l’isolamento nella società della comunicazione.

È quindi perfettamente riuscito quello che sulla carta poteva risultare un esperimento particolarmente rischioso: sfidare i mostri sacri sul loro terreno. Non si contano le riproposizioni di La voce umana nel corso dei decenni. In Italia è paradigmatico il riferimento della Magnani che interpretò il monologo del film L’amore per Roberto Rossellini e, si sa, dalle nostre parti tirare in ballo la Magnani è come questionare di Maradona a Napoli. Invece la combinazione di una regia non invasiva che parla per simboli semplici (il letto, i ricordi gettati in un angolo, il cane evocato e mai visto), e la tessitura sonora che accompagna lo stato d’animo dello spettatore in un viaggio di tensione crescente, ci restituiscono una versione attuale e originale di un classico che ha ancora piena cittadinanza nel ventunesimo secolo.

Roberto Capezzali

La voce umana
Di Jean Cocteau
con Veronica Visentin
Regia: Giancarlo Gentilucci
Musiche: Doriana Legge
Luci: Daniela Vespa
Foto di scena: Paolo Porto
Amministrazione: Tiziana Irti
Produzione: Arti e Spettacolo